Correva l’ anno 1999 quando ho incominciato ad avvertire i sintomi classici dell’ infiammazione dell’ appendice.
Dopo aver riscontrato che l’ infiammazione non spariva con le cure farmacologiche, abbiamo deciso di optare per l’ intervento chirurgico.
Ricordo perfettamente l’ anestesista con in mano una siringa contenente l’ anestetico e ricordo altrettanto nitidamente quando lo hanno
iniettato nella flebo il cui ago era infilato nella mia vena. Da lì a qualche secondo mi sono addormentata e non ricordo più nulla.
Mentre ero in camera in attesa che mi svegliassi dall’ anestesia mi è successo quanto segue: mi sono separata dal mio corpo ed ho cominciato a fluttuare
e volteggiare nella stanza dell’ ospedale. Ero lì che volavo in maniera leggiadra e vedevo il mio corpo steso nel lettino con i miei genitori ai lato dello stesso,
mia madre alla mia sinistra e mio padre alla mia destra. Ero pienamente consapevole che ero entrata in un’ altra dimensione e, mente volavo,
ho deciso di fermarmi in alto sospesa nell’ angolo della stanza per fissare il mio corpo. Anche se volteggiavo in quella camera d’ ospedale,
allo stesso tempo ero circondata da una realtà composta da colori meravigliosi ed avvertivo una pace ed una gioia che non esistono sulla terra.
Ero talmente felice di stare in quella dimensione che ho fatto un discordo a me stessa: “che bello rimanere per sempre quì”. Allo stesso tempo però sapevo che se fossi rimasta lì,
avrei lasciato sprofondare nell’ angoscia più totale i miei genitori ed ero molto combattuta perchè se da un lato volevo rimanere, dall’ altro non volevo farli soffrire.
Così continuavo a volare felice mentre osservavo un tunnel dall’ ingresso buio ma che aveva in fondo una luce così intensa che non esiste quì sulla terra.
Questa luce aumentava di circonferenza lungo il tunnel tanto che lo sbocco dall’ altra parte era solo luce immensa e meravigliosa che si espandeva a dismisura con raggi lunghissimi.
In mezzo a tale bagliore ho potuto scorgere il volto di Gesù. A tale visione ho rifatto un discorso a me stessa e mi son detta: “non mi importa se lascio i miei genitori,
io voglio attraversare quel tunnel ed entrare in quella luce”. Così mi sono avvicinata all’ imbocco del tunnel ed ho provato ad inserire la prima gamba per entrarvi dentro.
In quell’ esatto istante è apparso alla mia sinistra un Padre Cappuccino che non si è lasciato vedere in volto. Lui mi ha bloccata impedendomi di entrare in quel tunnel e,
facendomi segno con la mano, mi ha detto: “vai, vai, che ancora ne hai da vivere”! In quel momento sono rientrata nel mio corpo e mi sono svegliata urlando per il forte dolore
che sentivo allo stomaco ed ho visto i miei genitori accanto a me, mia madre alla mia sinistra e mio padre alla mia destra, esattamente come li avevo visti dall’ alto della stanza.








